Droga dello stupro – Corriere della Sera

Sabrina Magris, consulente della Nato, ha appena vinto con le colleghe dell’Ecole Universitaire Internationale di Firenze il primo premio alla conferenza mondiale sulle violenze sessuali con lo studio sulla «droga dello stupro»

«Ti ritrovi a bere qualcosa che non sai che c’è e che cambierà la tua vita. Che lascia ferite che prima o poi ti senti addosso». È la violenza senza memoria. Il buco nero reso possibile da una droga subdola, che negli ultimi dieci anni si è diffusa dalle discoteche di Ibiza alle spiagge di Gallipoli, dagli Usa al Regno Unito. L’ultimo sequestro in Svizzera, due settimane fa: 50mila dosi destinate all’Italia.

A raccontarne gli effetti è Sabrina Magris, trentenne di Pordenone, studiosa di antiterrorismo e psicologa investigativa. Che insieme a un team di giovani ricercatrici italiane ha appena ricevuto dalle mani di Marc Lebeau, chimico dell’Fbi, massimo esperto mondiale di «Dfsa» (il nome americano della droga dello stupro), il primo premio tra migliaia di lavori presentati alla Conferenza mondiale sulle violenze sessuali, a Orlando (Stati Uniti). Appuntamento che raccoglie ogni anno migliaia di persone: forze di polizia di tutto il mondo, medici, criminologi.

Addestra agenti segreti

Sognava di fare la 007, Sabrina, da piccola. Ed è finita ad addestrare agenti segreti, collabora con la Nato, studia come gestire e anticipare le mosse dei terroristi, dà consulenze sulla negoziazione degli ostaggi

(«Pagare o no i riscatti? il dilemma ricorrente»).

Oggi presiede l’École Universitaire Internationale, piccola struttura che fa ricerca e formazione in ambito di sicurezza e peacekeeping, dopo gli studi a Padova e a Roma, la laurea in psicologia investigativa negli Stati Uniti e un dottorato di ricerca in droga dello stupro «quando in Italia nessuno si sognava di studiarne gli effetti devastanti, l’altissima correlazione (80%) con i tentativi di suicidio messi in atto dalle vittime. Ma anche la connessione con i militanti dell’Isis, il terrorismo sessuale, la produzione di materiale pedopornografico da mettere in rete».

Il mostro chimico

Da cinque anni si dedica a questo mostro chimico che agisce sul cervello, manipolando i centri del ricordo e lasciando solo uno stato confusionale che non permette ai bersagli inconsapevoli di fornire dettagli sulle ore trascorse prima della violenza. Offrendo così ai violentatori la scappatoia verso l’impunità.

«Quando si presentano al Pronto Soccorso raccontando in maniera confusa che credono di essere state violentate, le vittime vengono presto dimesse, non c’è nessuno che capisca davvero», dice. E invece questo lavoro («costato 300mila euro senza aiuti pubblici», racconta l’autrice) spiega quali analisi fare, quali sintomi cercare. Come riconoscere dolori posturali tipici, provocati dalle componenti saline della sostanza, che si depositano; analizzare i livelli di cortisolo; le tecniche per far riaffiorare le informazioni e il ricordo.

C’è poi la scoperta che si può reperire la droga dello stupro negli indumenti della vittima. «Cosa di cui non si era mai parlato», dice. «Ma a rendere sostanzialmente inestimabile il valore della ricerca – prosegue– oltre ai protocolli utilizzabili da personale medico e delle forze dell’ordine, è la scoperta che si può lavorare per ricostruire la memoria retrograda (vale a dire ciò che il nostro cervello ha impresso ma non ricorda quando gli viene somministrata la sostanza stupefacente); e per riparare la mielina danneggiata nei neurotrasmettitori». Risultati che potranno essere utili anche per sperimentazioni di cure legate a difficoltà di trasmissioni neuronali.

Il team

Con Sabrina hanno lavorato Martina Grassi, di Bologna, specializzata nel Regno Unito in violenze su minori e pedopornografia; e Francesca Fanti, criminologa toscana. Già un anno fa al gruppo italiano era stata conferita la menzione d’onore dal vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden: un primo riconoscimento a un lavoro che aveva suscitato l’interesse delle autorità americane e che ora è arrivato a compimento. Il team fa anche attività di prevenzione, attraverso convegni in scuole e università.

 

Il Corriere della Sera, 19 Maggio 2017

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